lunedì 17 novembre 2014

Invito alla presentazione del libro “CULTURE ALLA SBARRA. Una riflessione sui reati multiculturali”


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Invito alla presentazione del libro
“CULTURE ALLA SBARRA. Una riflessione sui reati multiculturali”

di Fulvio Gianaria e Alberto Mittone
Einaudi

SABATO 22 NOVEMBRE 2014 – ORE 17
Circolo dei Lettori (Sala Gioco)  - Via Bogino 9, Torino
Introduce e conduce:
FEDERICO CALCAGNO
Presidente Associazione Amici della Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni
Partecipano:
FULVIO GIANARIA, avvocato penalista e autore del libro
ALBERTO MITTONE, avvocato penalista e autore del libro
MONICA LANFRANCO, giornalista e femminista
VALENTINA PAZE’, filosofa politica
Sarà attivo un servizio di interpretariato 
nella lingua dei segni italiana per sordi

TRANS FREEDOM MARCH

transfreedomarch 2014 banner bca8fIl Transgender Day of Remembrance (TDoR) è una ricorrenza della comunità LGBTQI per commemorare le vittime dell'odio e del pregiudizio anti-transgender (transfobia). L'evento, che si celebra il 20 novembre, venne introdotto in ricordo di Rita Hester, il cui assassinio nel 1998 diede avvio al progetto web "Remembering Our Dead" e nel 1999 a una veglia a lume di candela a San Francisco. Da allora l'evento è cresciuto fino a comprendere commemorazioni in centinaia di città in tutto il mondo.
Da diversi anni anche a Torino, intorno al 20 novembre, vengono organizzati diversi eventi, tra cui la commemorazione in una piazza centrale della città.
Quest'anno abbiamo deciso di celebrare questa ricorrenza con una marcia da Piazza Vittorio Veneto a Piazza Castello, per rivendicare libertà e  diritti.

Vi invitiamo ad aderire e promuovere l'evento
.
Sabato 22 Novembre 2014
ore 16.30
Piazza Vittorio Veneto
Durante il corteo suonerà una banda composta dei gruppi Blou Daville & Brass Volé, mentre in Piazza Castello la commemorazione sarà accompagnata dalla voce della cantante soprano Fe Dzidzofe Avouglan.
Sostieni l'iniziativa con una donazione: buonacausa.org/cause/trans-freedom-march
 
Programma TDoR 2014 completo 
Eventi patrocinati dal Comune di Torino
Sabato 22 novembre 
ore 15.00 
presso sede ARCI Torino Via Verdi,34 
all'interno del Torino Film Festival  Off 

proiezione di “Felliniana” di Simone Cangelosi e Luki Massa, 28 min., Italia 2010.
Intervengono Simone Cangelosi e Porpora Marcasciano.
Si tratta di un documentario-confessione di Marcella Di Folco, la sua ultima intervista, che non  a caso Marcella ha deciso di rilasciare seduta tra le mura di un cinema. Affiancata da un suo grande amico ed esperto di cinema, Gian Luca Farinelli, Direttore della Cineteca di Bologna, nel maggio del  2010  Marcella racconta con leggerezza e sagacia della sua esperienza cinematografica con il Maestro per antonomasia, Federico Fellini. Felliniana è  un omaggio di Marcella a Fellini, il quale  la scoprì per caso alla fine degli anni '60 e la lanciò in una lunga carriera di caratterista, ma vuole essere anche un delicato omaggio degli autori a Marcella Di Folco. Raramente, infatti, nei lunghi anni delle sue instancabili battaglie per i diritti civili, in lungo e in largo per l'Italia Marcella si dava il tempo di evocare pubblicamente quegli aneddoti. Nei racconti ironici di sé e del mondo del cinema non si stenta a riconoscere il tratto umano della Marcella che conosciamo e ad intuire quanto quegli incontri e quella vita 'eccezionale' sia stata essenziale per la sua formazione.
Domenica 23 novembre
ore 14.00 – 18.00 
Sala conferenze del Museo della Resistenza 
Corso Valdocco, 4/A - Torino
Le prospettive di riforma della legge n. 164/1982 sul cambiamento di sesso 
*
SALUTI DI APERTURA
Alessandro Battaglia, Coordinatore Torino Pride GLBT
Ilda Curti, Assessora alle Pari opportunità della Città di Torino (segreteria nazionale della Rete RE.A.DY.)
Monica Cerutti, Assessora alle Pari opportunità e ai Diritti della Regione Piemonte
PARTE PRIMA: PERCHÉ È NECESSARIA UNA RIFORMA DELLA LEGGE N. 164/1982?
H 14.15-15.15
Tito Flagella, avvocato del foro di Roma Le autorizzazioni di rettificazione anagrafica del sesso senza intervento chirurgico a legge vigente
Paolo Valerio, presidente ONIG – Osservatorio nazionale sull’identità di genere Depatologizzazione e riforma della legge n. 164/1982
Anna Lorenzetti, docente a contratto di Analisi di genere e Diritto antidiscriminatorio, Università di Bergamo Criticità della legge n. 164/1982 e punti d’innovazione delle proposte di riforma Mia Caielli, ricercatrice di Diritto pubblico comparato, Università di Torino La sentenza n. 170/2014 della Corte costituzionale e la parziale illegittimità costituzionale della legge n. 164/1982
Marco De Giorgi, Direttore dell’UNAR – Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali Le discriminazioni nei confronti delle persone trans e intersessuali e le misure specifiche previste nella Strategia nazionale LGBT
PARTE SECONDA: QUALI PROSPETTIVE DI RIFORMA?
H 15.15-16.15
Ivan Scalfarotto, sottosegretario di Stato per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento La proposta di legge n. C. 246 (“Norme in materia di modificazione dell'attribuzione di sesso”)
Sergio Lo Giudice, senatore (Partito democratico) Il disegno di legge n. S. 405 (“Norme in materia di modificazione dell'attribuzione di sesso”)
Alberto Airola, senatore (Movimento 5 Stelle) Il disegno di legge n. S. 392 (“Norme in materia di modificazione dell'attribuzione di sesso”)
Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria del Senato per la tutela e la promozione dei diritti umani I diritti delle persone trans e intersessuali come diritti umani
Giovanna Martelli, Consigliera del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di Pari Opportunità Le proposte del Governo per i diritti delle persone trans e intersessuali
PARTE TERZA: TAVOLA ROTONDA.
H 16.30-18.00
I/le rappresentanti delle associazioni trans e intersessuali si confronteranno con le relatrici e i relatori e con le senatrici e i senatori presenti.
* si precisa che siamo in attesa della conferma da parte di alcuni/e relatori/trici.
Mercoledì 26 novembre
ore 21.00 
presso CasArcobaleno di via Lanino 3/A, per Serata Cinema Cinema!!! proiezione del film "Belle al Bar" di Alessandro Benvenuti, con Eva Robin's, 110 min., Italia 1994

Leo è in crisi. In crisi soprattutto nel suo rapporto con la moglie: dieci anni di matrimonio e le solite incomprensioni. Ma per fortuna deve partire. Nella città in cui si trova per motivi di lavoro si accorge di essere pedinato da una donna sconosciuta e, quando viene colto da uno svenimento, è proprio lei a soccorrerlo. Leo si risveglia in casa della donna che mostra di conoscere vari particolari della sua infanzia. Stordito e confuso, Leo riesce finalmente a capire: la sconosciuta non è altri che suo cugino Giulio divenuto nel frattempo un'affascinante transex. Inizia così una movimentata convivenza.
Sabato 29 novembre 
ore 17.00 
Biblioteca Civica Ginzburg
Via Lombroso, 16  Torino 

mauriceglbt.org/drupal/node/1851
Servizio lgbt della Città di Torino, biblioteche civiche Pavese e Mirafiori, biblioteca Ginzburg/Polo Culturale Lombroso 16,  Maurice glbtq, Associazione Donne di Mirafiori, Associazione Scambiaidee, e Le donne per la difesa della Società civile, presentano
Proiezione del film "Mater natura" di Massimo Andrei Commedia, 90 min. - Italia 2006.
Si terranno anche letture a cura dell'Associazione Donne di Mirafiori e Donne per la difesa della Società civile, testimonianza di persone transessuali/transgender e discussione.
Presentato con successo al Festival di Venezia 2005, l'opera prima di Massimo Andrei racconta la storia di Desiderio, una giovane transessuale napoletana che si innamora, ricambiata di Andrea. Ma la realtà ostacola la realizzazione dei sentimenti: Andrea si sposa e Desiderio si allontana dalla città per rifugiarsi nei pressi del Vesuvio, con l'intento di aprire un centro di agricoltura biologica, che possa servire anche come centro di ascolto per uomini in crisi.

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Documento politico Tdor 2014.
Trans Freedom March.

Come ogni anno il 20 novembre celebriamo il Transgender day of Remembrance, ricorrenza in cui si ricordano le vittime della transfobia.
Quest'anno vogliamo dedicare il TDoR a due persone che non ci sono più, Nicole e Valentina, due donne trans precocemente scomparse per circostanze tristi della vita. Per loro la violenza transfobica si è scatenata dopo la morte: Nicole è stata seppellita dalla famiglia in abiti maschili e Valentina è stata ricordata nei manifesti funebri col nome da uomo. La mancanza di una legge che riconosca l'identità delle persone transgender ha permesso che le famiglie calpestassero la dignità di queste due donne. Neanche da morte hanno avuto diritto di essere ricordate per come si sentivano e come vivevano.
Chiediamo da tempo che la legge sul cambio di sesso venga modificata e riconosca, come in molti paesi europei, anche i diritti di quelle persone che non arrivano all'intervento chirurgico sui genitali ma vivono comunque la loro vita nel genere d'elezione.
Qualche giorno fa abbiamo inviato una lettera al presidente del consiglio e del senato sollecitando l’avvio dell'iter di discussione dei ddl depositati su tale argomento.
E mentre chiediamo leggi che garantiscano l’uguaglianza continuiamo a batterci per i diritti di tutt@ alla propria diversità, anche rispetto all’identità di genere. Abbiamo dunque deciso di calare il TDoR di quest'anno in questa scena sociale e politica e abbiamo deciso di connotarlo con una marcia, per ricordare a gran voce le persone trans che sono state uccise per crimini d'odio. Con la Trans Freedom March vogliamo portare per le strade e nelle piazze la nostra visibilità contro vecchi e nuovi integralismi.

Convegno di studi “1984 – 2014: 30 ANNI DI NEOCONCORDATO FRA STATO E CHIESA CATTOLICA sua abolizione, Intese, legge sulla libertà religiosa”

Convegno Concordato 2014 Pagina 1 ae87a
Convegno di studi
“1984 – 2014: 30 ANNI DI NEOCONCORDATO FRA STATO E CHIESA CATTOLICA sua abolizione, Intese, legge sulla libertà religiosa”
sabato 29 novembre 2014
Ore 10 - 18
SALONE della CASA VALDESE
Corso Vittorio Emanuele II, 23 - Torino
Programma
Presiede
Marco Chiauzza
Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni
ORE 10
Prima sessione
Marco Chiauzza
introduzione al convegno






Giuseppe Ricuperati, storico
“I Patti Lateranensi e il Concordato del 1929”
Paolo Borgna, giurista
“Il Concordato in Costituzione: l’art. 7 e la Costituente”
 Sergio Lariccia, giurista
“Il nuovo Concordato del 1984 e la situazione attuale”
Daniele Garrone, teologo valdese
“Le Intese: l’art. 8 della Costituzione e le stipule dal 1984 a oggi”

Gianluca Polverari, studioso della libertà religiosa
“Dalla legge sui culti ammessi del 1929 alla legge sulla libertà religiosa”
ORE 13-15 Buffet
ORE 15
Seconda sessione
Carlo Augusto Viano, filosofo
“Liberalismo, laicità e separazione fra Stato e confessioni religiose”

Jean Michel Ducomte, giurista presidente della Ligue de l’enseignement e del CIDEM (Civisme et démocratie), membro del Board della FHE (Federazione Umanista Europea)
“Separazione fra Stato e religioni in Francia: le leggi sulla laicità del 1905”

Gustavo Zagrebelsky, giurista
“Concordati e libertà religiosa nelle Costituzioni contemporanee”

Franco Barbero, teologo cristiano
“Il Concordato e i cattolici in Italia”
Tullio Monti, presidente della Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni
“Conclusioni”
Sarà attivo un servizio di interpretariato 
nella lingua dei segni italiana per sordi

Presentazione del libro “ELOGIO DELLA FELICITA’ POSSIBILE. Principio di natura e saggezza della filosofia”

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Invito alla presentazione del libro
“ELOGIO DELLA FELICITA’ POSSIBILE
Principio di natura e saggezza della filosofia”
di Orlando Franceschelli
Donzelli

SABATO 15 NOVEMBRE 2014 – ORE 17
Circolo dei Lettori (Sala Gioco)  - Via Bogino 9, Torino
 Introduce e conduce:
MARCO CHIAUZZA Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni
Partecipano:
ORLANDO FRANCESCHELLI, filosofo della scienza e autore del libro
ALDO FASOLO, biologo
ALBERTO PIAZZA, genetista
Sarà attivo un servizio di interpretariato
nella lingua dei segni italiana per sordi

mercoledì 5 novembre 2014

Incontro tra la Federazione Umanista Europea e il Governo italiano



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Sua Eccellenza Sig. Matteo Renzi,
Capo del Governo
Presidenza del Consiglio dei ministri
Palazzo Chigi Piazza Colonna 370
00187 Roma - Italia
Brussels, 24 giugno 2014

Presidenza Italiana del Consiglio dell'Unione europea
Eccellenza,
La Federazione Umanista Europea (EHF) (European Humanist Federation, EHF) raggruppa 56 organizzazioni in 20 paesi europei e rappresenta i punti di vista e gli interessi di quei cittadini europei privi di convinzioni religiose ma portatori di una visione umanista della vita ed impegnati nel sostegno ad una visione laica del mondo.

L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR) e il Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni (CNCLI) sono organizzazioni facenti parte dell’EHF.

Ai sensi dell’Articolo 17 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, la EHF è riconosciuta, unitamente alle chiese ed alle organizzazioni religiose, quale partner per il dialogo con l’Unione Europea, in quanto principale organizzazione “filosofica e non-confessionale” in Europa.

La EHF si incontra quindi regolarmente con il presidente della Commissione, col Consiglio e col Parlamento.

Come certamente saprete, già prima dell’adozione del Trattato di Lisbona, le varie, presidenze hanno tenuto incontri ad alto livello con i rappresentanti delle varie chiese. 


A partire dalla presidenza belga del 2010, anche la EHF è stata invitata, separatamente, a discutere i propri punti di vista con tutte le successive presidenze.

Noi crediamo che i disposti dell’Articolo 17 debbano continuare ad essere pienamente applicati, sulla base dei fondamentali principi dell’Unione Europea di parità e di non-discriminazione.

Sulla base di quanto sopra Vi chiediamo quindi cortesemente di organizzare, nel periodo della Vostra Presidenza, un incontro con la nostra organizzazione.

Noi riteniamo che questo indicherebbe come la Vostra Presidenza sia impegnata in un trattamento paritario nei confronti dei soggetti che rappresentano sia i cittadini religiosi che i non-religiosi e come, oltre ai contributi delle chiese, il Consiglio tenga conto anche dei contributi provenienti dall’ampio numero dei cittadini non religiosi.

In attesa di cortese risposta.
firme lettera FHE a Renzi 29758





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A seguito di tale richiesta, in data 26 settembre, il Governo italiano, nella persona del Sottosegretario agli Affari Esteri, sen. Benedetto Della Vedova, ha incontrato, alla Farnesina, sede del Ministero degli Affari Esteri, i rappresentanti della EHF, che hanno sottoposto al Governo le proprie istanze e le proprie richieste in merito alle istituzioni europee ed a quelle italiane, in un incontro durato oltre due ore.
La delegazione della Federazione Umanista Europea era costituita dal belga Pierre Arnaud Perrouty, componente del board della EHF, da Tullio Monti, Portavoce del Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni, da Giulio Ercolessi, componente del board della EHF (in rappresentanza del Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni), da Raffaele Carcano, Segretario dell’UAAR e da Adele Orioli, responsabile giuridica dell’UAAR.
L’incontro ha segnato un importante riconoscimento del ruolo svolto in Europa dalla EHF e in Italia dalle associazioni laiche ad esso aderenti, le quali, per la prima volta nella storia della Repubblica, hanno potuto rappresentare al Governo italiano le istanze di milioni di cittadini italiani, in merito alla laicità delle istituzioni ed ai diritti civili, che non trovano normalmente alcun ascolto e alcuna accoglienza dalla politica, dal Parlamento e dai governi italiani.


DRAFT EHF Recomm  for the Italian Presidency  19 sept  3e274

RACCOMANDAZIONI DELLA EHF (FEDERAZIONE UMANISTA EUROPEA) 
ALLA PRESIDENZA ITALIANA DEL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA
La EHF è grata di poter esprimere la sua posizione nel contesto della Presidenza Italiana del Consiglio Europeo sull’articolo 17 TFEU che organizza il dialogo tra le istituzioni europee, le chiese e le organizzazioni non confessionali.
Osservazioni preliminari sull’implementazione dell’articolo 17 TFEU durante i turni di Presidenza del Consiglio Europeo
Nell’articolo 17 del TFEU, la EHF è riconosciuta, con le chiese e le organizzazioni religiose, come partner nel dialogo con la UE, essendo la principale organizzazione ‘filosofica e non confessionale’ in Europa. Per questo abbiamo incontri regolari con i presidenti della Commissione, del Consiglio e del Parlamento.
Molto prima della adozione del Trattato di Lisbona, le presidenze di turno hanno sempre incontrato i rappresentanti delle chiese (a volte anche con i rappresentanti di altre importanti religioni). E’ stato solo a partire dalla Presidenza del Belgio nel 2010 che la EHF è stata invitata separatamente ad esprimere le sue opinioni con le successive presidenze.
La EHF crede fermamente che l’Articolo 17 TFEU debba essere applicato mantenendo l’assoluto rispetto del fondamentale impegno Europeo per l’uguaglianza e la non-discriminazione.
Ciò significa che le delegazioni delle chiese e i rappresentanti delle organizzazioni non confessionali dovrebbero essere sempre ricevuti sullo stesso piano. Sfortunatamente questo non si è sempre verificato, e la questione è stata ripetutamente sottoposta all’attenzione del precedente Presidente Herman Van Roumpuy dalla nostra organizzazione e da membri del Parlamento Europeo.
Se le delegazioni delle chiese dovessero essere ricevute dal Primo Ministro Matteo Renzi, dal Ministro Italiano per gli Affari Esteri o dal Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri, noi chiediamo rispettosamente di organizzare un simile incontro allo stesso livello con la EHF. Crediamo che ciò dimostrerebbe che la vostra Presidenza si impegna a trattare in modo imparziale le rappresentanze delle persone religiose e non-religiose in Europa e che, oltre al contributo delle chiese, il Consiglio ascolta anche il contributo della ampia popolazione non-religiosa.
Questioni Europee
  • Difendere la libertà di religione e di credenza e la libertà di espressione collegata a questioni religiose
Nel giugno 2013 la UE ha adottato le nuove Linee guida Europee sulla promozione e tutela della libertà di religione e di credenza(1) (FoRB) perché fossero messe in pratica nella sua politica estera. Mentre proclamano l’imparzialità europea verso la religione o le credenze, queste Linee guida hanno l’obiettivo di aiutare la UE a promuovere la libertà di religione e di credenza al di là dei suoi confini, e di rimediare in modo coerente ed effettivo alle violazioni all’estero di questo diritto.
La EHF è stata fortemente coinvolta nella loro stesura dall’ottobre 2012 al giugno 2013 ed ha contribuito ad assicurare che le Linee guida avessero un approccio laico ed equilibrato. La EHF ha particolarmente apprezzato il chiaro sostegno europeo alla libertà di espressione sulle questioni religiose ed alla sua esplicita richiesta di sopprimere le leggi sulla blasfemia nei paesi extraeuropei.
RACCOMANDAZIONI – La Presidenza italiana del Consiglio ed il Servizio Europeo per le Attività Esterne (EEAS) dovrebbero:
- Ricordare agli altri paesi il loro obbligo di tutelare la libertà di religione o di credenza, che include la libertà di praticare la religione che si è scelta, di cambiare le proprie credenze e di non avere credenze religiose
- Assicurare che tutte le delegazioni europee e le ambasciate degli Stati Membri siano regolarmente aggiornate e formate sulle Linee guida sul FoRB e agiscano prontamente e concretamente per la loro applicazione
- Fare pressione perché ci siano regolari e trasparenti verifiche e valutazioni dell’applicazione delle Linee guida sul FoRB, con sistematici report pubblici ed una stretta collaborazione con le organizzazioni della società civile
La EHF è particolarmente preoccupata dalla persistenza del doppio standard europeo sulla libertà di religione o di credenza: mentre le istituzioni europee sono molto chiare nel condannare le leggi sulla blasfemia all’estero, tacciono invece quando il problema si manifesta all’interno dei confini europei. Comunque diversi Stati Membri condannano ancora la blasfemia o l’ “insulto religioso” (Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Spagna, Francia [Alsazia Mosella], Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Polonia, Portogallo e Slovacchia). In Grecia questa legge può ancora portare al carcere, come ci ricorda il caso recente di Filippos Lozos(2).
(1)Linee guida Europee sulla promozione e protezione della libertà di religione o di credenza, incontro del Consiglio per gli Affari Esteri in Lussemburgo, 24 giugno 2013.
(2)Nel gennaio 2014 fu condannato in Grecia a 10 mesi di prigione per aver preso in giro un monaco su Facebook.
RACCOMANDAZIONI – La Presidenza italiana dovrebbe:
- Fare pressione sulle istituzioni Europee affinché seguano la Relazione sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione Europea (2012) del Parlamento Europeo e affinché riconoscano che il secolarismo, definito come la assoluta separazione tra la politica non-confessionale e le autorità religiose, così come l’imparzialità dello Stato, sono i mezzi migliori per garantire la non-discriminazione e l’uguaglianza tra le religioni e tra credenti e non-credenti
- Fare pressione sul Consiglio e sui ogni Stato Membro affinché siano revocate tutte le leggi nazionali contro la blasfemia e l’insulto religioso, come raccomandato dal Consiglio d’Europa(3) e dal Parlamento Europeo(4)
- Fare pressione sulle istituzioni Europee affinché tutelino la libertà di espressione e affinché facciano una chiara distinzione tra critiche accettabili a credenze religiose o filosofiche e limiti ammissibili alla libertà di espressione (per esempio l’insulto, l’incitamento all’odio, ecc.) all’interno dell’Europa
  • Combattere la discriminazione in tutti i campi
La EHF è preoccupata per la persistenza della discriminazione, della violenza, dell’intimidazione e del bullismo, che prendono di mira particolarmente le minoranze etniche, i Rom, i migranti, le minoranze religiose, i non-credenti, e le lesbiche, i gay, i bisessuali, i transgender e le persone intersessuali (LGBTI).
Questa situazione è drammaticamente peggiorata a causa della crisi economica e il crescente impoverimento di molti Stati Membri. Questa situazione ha portato all’aumento delle tensioni sociali e politiche.
RACCOMANDAZIONI – La Presidenza italiana del Consiglio dovrebbe:
- Fare pressione sul Consiglio affinché sia sbloccata l’adozione della direttiva orizzontale anti-discriminatoria del 2008, che contribuirebbe ad affrontare le molteplici discriminazioni (massime nel mondo del lavoro oppure al di fuori del mondo del lavoro) impiego, ed affinché l’Europa si allinei i suoi recenti impegni internazionali (ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone Disabili del dicembre 2010)
- Reagire con forza alle discriminazioni continue verso le comunità Rom, che includono  reati motivati dall’odio e espulsioni
- Fare pressione affinché sia adottata una politica pluriennale globale per tutelare i diritti fondamentali delle persone LGBTI in Europa, che segua le forti raccomandazioni dell’Agenzia dei Diritti Fondamentali(5) e del Parlamento Europeo(6)
(3)Relazione della commissione di Venezia del 23 ottobre 2010 e Raccomandazione PACE 1805 del 29 giugno 2007
(4)Risoluzione della situazione dei diritti fondamentali nella UE (27 febbraio 2014)
(5)Ricerca 2013 sulle persone LGBT nella UE – ricerca della Unione lesbica, gay, bisessuale transgender Europea
(6)Relazione sul Piano Europeo contro l’omofobia e la discriminazione sulla base degli orientamenti sessuali e dell’identità di genere (8 gennaio 2013)
- Seguendo gli studi FRA sulle continue discriminazioni all’interno dell’Europa, richiedere alla Commissione di lanciare una procedura di infrazione contro gli Stati Membri in difetto
- Fare pressione per la creazione di un nuovo meccanismo capace di riferire (sull’interesse individuale)  per l’allargamento del mandato della agenzia Europea sui diritti fondamentali al fine di lavorare sulle discriminazioni e su tutte le violazioni dei diritti umani in tutti gli ambiti della legislazione europea in ogni Stato Membro
  • Tutelare i diritti umani e i principi di legalità in tutta Europa
Le violazioni dei diritti umani e dei principi di legalità persistono in molti Stati Membri europei. Questi attacchi sono aumentati a causa dell’impatto della crisi economica e della crescita dei movimenti estremisti e populisti in tutta Europa. In questo contesto, l’Europa non è riuscita a difendere i suoi valori e a reagire contro le violazioni dei diritti umani commesse dagli Stati Membri (vedi, per esempio, le espulsioni dei Rom dalla Francia, i ripetuti attacchi dell’Ungheria ai diritti fondamentali e ai principi di legalità, la violenza xenofoba e omofoba in Grecia, ecc.).
Per ottemperare al suo impegno sui diritti umani e per difendere i suoi valori stabiliti dall’art. 2 del Trattato dell’Unione Europea, l’Europa deve affrontare sia le sfide quotidiane ai diritti umani al suo interno che le persistenti violazioni degli standard europei sui diritti umani commesse dagli Stati Membri europei.  La EHF apprezza la proposta della Commissione di rinforzare la protezione del principio di legalità in Europa(7) ma teme che il meccanismo proposto non sia sufficiente. La Commissione propone di creare un sistema di allarme avanzato che preceda e integri i meccanismi dell’art. 7 TEU, permettendo alla Commissione di iniziare un dialogo con gli Stati Membri in caso di minacce continuative al principio di legalità. Sebbene la nuova struttura possa portare trasparenza nel processo di dialogo tra la Commissione e lo Stato Membro che si stia allontanando dalla democrazia, essa sarà efficace solo se la Commissione sarà genuinamente determinata ad avviare una procedura relativa all’art. 7 se la discussione fallisce. Inoltre questo meccanismo non permette una valutazione sistematica del rispetto delle esigenze della democrazia e del principio di legalità da parte di ogni Stato Membro, ma anche della sua tutela dei diritti fondamentali e dei valori cui si riferiscono l’art. 2 TEU e la Carta dei Diritti Fondamentali.
Noi crediamo dunque che l’Europa dovrebbe rinforzare la sua reazione contro le violazioni dei diritti umani al suo interno e costruire meccanismi istituzionali complementari
(7)Bruxelles, 19/3/2014 com(2014) 158 finale/2  comunicazione dalla commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio: una nuova struttura per rinforzare il principio di legalità
RACCOMANDAZIONI – La presidenza italiana del Consiglio dovrebbe:
- Fare pressione per l’adozione di una strategia e di un piano di azione globali sui diritti umani da applicare al suo interno e nella sua politica interna. La EHF apprezza l’adozione della struttura e piano d’azione strategici Europei per i diritti umani e la democrazia del 2012, ma si rammarica che sia limitato alla politica estera europea. Questa strategia dovrebbe permettere all’Europa di sviluppare una risposta coordinata e collettiva alle minacce ai diritti umani anche al suo interno
- Chiedere alla Commissione Europea di utilizzare più efficacemente gli strumenti esistenti, come le procedure di infrazione, per affrontare tutte le questioni relative ai diritti umani e non solo quando ci sono infrazioni di uno specifico provvedimento di una legge europea
- Esercitare forte pressione sulle istituzioni europee perché adottino la nuova Struttura Europea per rinforzare il principio di legalità che è stata presentata dalla Commissione nel marzo 2014 come primo necessario passo per tutelare il principio di legalità in Europa
- Sostenere e dar seguito alla proposta del Parlamento Europeo di realizzare un nuovo meccanismo indipendente -noto come il “meccanismo di Copenhagen”(8)- per assicurare che i diritti e i valori fondamentali dell’Unione riportati nell’art. 2 del Trattato Europeo e nella Carta dei Diritti Fondamentali siano rispettati, tutelati e applicati da tutti gli Stati Membri dopo la loro entrata in Europa (e non solo prima). Questo meccanismo dovrebbe garantire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Dovrebbe anche coinvolgere le istituzioni del Consiglio d’Europa e l’Agenzia Europea dei Diritti Fondamentali.
La EHF si rammarica che le istituzioni europee si dimostrino entusiaste dell’adozione di strategie globali di promozione e tutela dei diritti fondamentali nella loro politica estera, ma sembrino riluttanti ad adottare le stesse strategie all’interno dei confini europei. La EHF dunque chiede alla Presidenza italiana del Consiglio di fare pressione sulla Commissione e sul Consiglio affinché vengano adottate strategie interne che rispecchino le posizioni della politica estera europea sui diritti fondamentali, compresi quelli sulla libertà religiosa e di credenza, sulla libertà di espressione e sui diritti delle persone LGBTI.
(8)Relazione sulla situazione dei diritti fondamentali: standard e pratiche in Ungheria (facente seguito alla risoluzione del Parlamento Europeo del 16 febbraio 2012), (2012/2013 (ini)); risoluzione sulla situazione dei diritti fondamentali in Europa del 27 febbraio 2014
QUESTIONI INTERNE ITALIANE
Sebbene il principio di laicità sia stato fermamente riconosciuto dai tribunali come “principio supremo” del sistema costituzionale italiano, l’imparzialità dello Stato rispetto alle credenze e all’uguaglianza di diritti di tutte le denominazioni religiose, tristemente, non è ancora stata raggiunta.
La libertà di espressione, per esempio, è limitata legalmente -la “blasfemia” può essere ancora soggetta a sanzioni economiche(9)- e indebolita indirettamente dalla sproporzionata quantità di tempo e di risorse concesse alla Chiesa cattolica nei media dallo Stato e dai livelli di governo regionali e comunali.
Nello stesso modo, i credenti cattolici e la Chiesa Cattolica sono privilegiati dalla esistenza stessa del Concordato e dai numerosi vantaggi fiscali ed economici garantiti alla Chiesa. Anche nell’area educativa i non-credenti sono discriminati perché, rispetto alla loro legittima scelta di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica,  spesso nelle scuole non è garantita l’ora della materia alternativa prevista dalla legge.
Diritti fondamentali come l’aborto, la procreazione medicalmente assistita, le direttive anticipate di trattamento medico/testamento biologico e il diritto di morire con dignità sono minacciati o semplicemente ignorati del tutto.
Molto preoccupata per questa persistente situazione discriminatoria, la EHF vuole richiamare l’attenzione del governo italiano sulle seguenti questioni specifiche.
  • Rispetto della laicità e separazione tra istituzioni pubbliche e religione
RACCOMANDAZIONI – Il governo italiano dovrebbe:
-  Riformare la raccolta dell’Otto per mille in modo che lo Stato trattenga la parte delle tasse sul reddito ad esso assegnata dai contribuenti. Questa parte non deve essere girata alla Chiesa cattolica (come è successo quest’anno, così come in molti degli anni precedenti). Inoltre la quota relativa alle scelte inespresse non dovrebbe essere distribuita in proporzione al numero di contribuenti che hanno dichiarato espressamente la scelta del beneficiario, ma dovrebbe essere trattenuta dallo Stato o essere destinata ai Comuni di residenza di quei contribuenti.
- Revocare il Concordato (e tutta la legislazione relativa), sostituendolo con un accordo simile alle vigenti Intese tra lo stato e le altre confessioni religiose.
- Vietare la esposizione di simboli religiosi in tutti gli edifici pubblici (scuole, luoghi di rappresentanza, tribunali, ospedali, ospizi, caserme e seggi elettorali).
(8)Articolo 724 del Codice Penale
Nessun lavoratore del pubblico impiego, mentre è in servizio, dovrebbe portare simboli religiosi ostentati (compresi gli insegnanti).
  • Promuovere la libertà di scelta
RACCOMANDAZIONI – Il governo italiano dovrebbe:
-  Tutelare la salute e i diritti delle donne controllando l’utilizzo della obiezione di coscienza nelle aree della salute sessuale e riproduttiva e dei diritti (SRHR), ed assicurare sempre e comunque alle donne la disponibilità dell’aborto (sia chirurgico, che farmacologico, mediante la pillola abortiva RU486) in tutti gli ospedali e in tutte le regioni italiane, come previsto dalla legge 194. Sebbene l’aborto in Italia sia legale, in pratica oltre il 70% dei medici e del personale paramedico rifiuta di praticarlo, invocando l’ “obiezione di coscienza”
-  Sulla stessa linea, garantire la disponibilità dei contraccettivi di emergenza (pillola del giorno dopo e dei 5 giorni dopo) in tutte le farmacie e in tutti gli ospedali pubblici, senza prescrizione medica
-  Rispettare le sentenze della Corte Costituzionale sulla procreazione medicalmente assistita e permettere la fecondazione assistita eterologa per tutte le coppie, comprese le coppie omosessuali
-  Riconoscere validità vincolante alle direttive anticipate di trattamento medico/testamento biologico, che significa l’assoluto rispetto della volontà del paziente, nel rifiutare o nel chiedere la sospensione di ogni tipo di trattamento medico non desiderato (compresi la respirazione, l’alimentazione e l’idratazione artificiali)
-  Rispettare il diritto delle persone di morire con dignità, legalizzando il suicidio assistito e l’eutanasia all’interno di stretti vincoli (come in Svizzera, Belgio e Olanda)
-  Eliminare le restrizioni esistenti sulla libertà di ricerca scientifica e premettere la ricerca sulle cellule staminali embrionali umane (come minimo permettere la ricerca utilizzando gli embrioni soprannumerari dopo il trattamento di fecondazione assistita).
  • Lottare per l’uguaglianza e la non-discriminazione
RACCOMANDAZIONI – Il governo italiano dovrebbe:
-  Introdurre il riconoscimento legale delle unioni civili per tutte le coppie conviventi (di sesso diverso o dello stesso sesso)
-  Garantire alle coppie omosessuali gli stessi diritti al matrimonio e all’adozione di quelli delle coppie eterosessuali unite in matrimonio
-  Sviluppare un piano di azione globale per affrontare la persistente omofobia in Italia, per perseguire penalmente i crimini motivati dall’odio per l’orientamento sessuale e per garantire il rispetto dei diritti delle persone LGBTI come richiesto dal Piano Europeo contro la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere(10)
-  Approvare la legge sul divorzio “breve”.
  • Promuovere la libertà di educazione
RACCOMANDAZIONI – Il governo italiano dovrebbe:
-  Revocare le legislazioni statali e regionali che permettono il finanziamento diretto o indiretto delle scuole paritarie private, nel 95% dei casi cattoliche  (oggi surrettiziamente e impropriamente definite “pubbliche”) nel rispetto dell’articolo 33 della Costituzione Italiana
-  Abolire l’insegnamento di religione cattolica in tutte le scuole pubbliche. Come primo passo, garantire sempre l’attivazione dell’insegnamento della materia alternativa alla religione cattolica ogni volta che viene richiesta (per esempio con l’insegnamento di storia delle religioni e del libero pensiero) in modo da garantire uguale trattamento a tutte le credenze
-  Assicurare l’insegnamento curriculare nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado delle materie dell’ educazione alla cittadinanza, dell’educazione sessuale e della storia delle religioni e del libero pensiero.
(10)Piano Europeo contro l’omofobia e la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sulla identità di genere (2013/2183(INI)), 8 gennaio 2014.
  
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MANIFESTO PER LA LAICITA’

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MANIFESTO PER LA LAICITA’ 
Adottato l’11-12 ottobre 2014 in Londra (Regno Unito di Gran Bretagna) dalla Conferenza Internazionale sulla Destra Religiosa, la Laicità e i Diritti Civili
La nostra epoca è caratterizzata dalla crescita della destra religiosa - non a causa di una "rinascita religiosa", ma piuttosto a causa del sorgere di movimenti politici e di stati di estrema destra che utilizzano la religione per la supremazia politica. Questa crescita è una conseguenza diretta del neo-conservatorismo e del neoliberismo e delle politiche sociali del comunitarismo e del relativismo culturale. Universalismo dei diritti, laicità e diritti civili sono stati abbandonati e la segregazione delle società e delle "comunità" su base etnica, religiosa e culturale è diventata la norma.
Lo Stato Islamico ( ISIS), il regime dell’Arabia Saudita, Hindutva (Rashtriya Swayamsevak Sangh) in India, la Destra cristiana negli Stati Uniti e in Europa, Bodu Bala Sena in Sri Lanka, Haredim in Israele, AQMI e MUJAO in Mali, Boko Haram in Nigeria, i Talebani in Afghanistan e Pakistan,  la Repubblica Islamica dell'Iran e il Fronte Islamico per la Salvezza (FIS) in Algeria sono esempi di tutto questo.
Per molti decenni i popoli del Medio Oriente, del Nord Africa, dell’Asia meridionale e della diaspora sono stati le prime vittime, ma anche la prima linea di resistenza contro la destra  religiosa (sotto la forma di Stati religiosi, di organizzazione o movimenti) e in difesa della laicità e dei diritti universali, spesso con grande rischio per la loro vita.
Invitiamo le persone in tutto il mondo a stare con noi per creare un fronte internazionale contro la destra religiosa e per la laicità. Chiediamo:
1. Completa separazione della religione dallo stato. La laicità è un diritto fondamentale.
2. La separazione della religione dalla sfera pubblica, compreso il sistema di istruzione, l’assistenza sanitaria e la ricerca scientifica.
3. Abolizione delle leggi religiose  nel diritto di famiglia, civile e penale. Fine della discriminazione e della persecuzione  contro le persone LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), le minoranze religiose, le donne, i liberi pensatori, gli ex-musulmani, e altri.
4. Libertà di religione e di ateismo e libertà di criticare le religioni. La credenza è un fatto privato.
5. Parità tra donne e uomini e diritti civili per tutti.

Primi firmatari:
 AC Grayling, Philosopher
Aliyah Saleem, Secular Education Campaigner
Amel Grami, Professor at the Tunisian University of Manouba
Bahram Soroush, Social and Political Analyst
Ben Baz Aziz is a Presenter at Arab Atheist broadcasting
Caroline Fourest, French Writer and Editor
Chris Moos, LSESU Atheist, Secularist and Humanist Society
Chulani Kodikara, International Centre for Ethnic Studies, Sri Lanka
Daphna Baram, Israeli-born human rights lawyer, journalist and comedian
Elham Manea, Yemeni Writer and Human Rights Activist
Faizun Zackariya, Citizens for Justice, Sri Lanka
Fariborz Pooya, Host of Bread and Roses TV
Fatou Sow, International Director of Women Living Under Muslim Laws
Gita Sahgal, Director of Centre for Secular Space
Hamid Taqvaee, Secretary of the Central Committee of the Worker-Communist Party of Iran
Horia Mosadiq, Human Rights and Women’s Rights Activist from Afghanistan
Imad Iddine Habib, Founder of Council of Ex-Muslims of Morocco
Inna Shevchenko, Leader of FEMEN
Julie Bindel, Emma Humphreys Memorial Prize and Justice for Women
Kacem El Ghazzali, Moroccan secularist writer and blogger
Kate Smurthwaite, Comedian and Activist
Kiran Opal, Writer, LGBTQ/Human Rights Campaigner, Co-founder Ex-Muslims of North America
Lila Ghobady, Iranian writer-journalist and documentary filmmaker
Magdulien Abaida, Libyan Activist and President of Hakki (My Right) Organization for Women Rights
Marieme Helie Lucas, Algerian Founder of Secularism is a Woman’s Issue
Maryam Namazie, Iranian Spokesperson for One Law for All, Council of Ex-Muslims of Britain and Fitnah
Nadia El Fani, Tunisian Filmmaker
Nahla Mahmoud, Spokesperson of Council of Ex-Muslims of Britain
Nina Sankari, Vice-President of the Atheist Coalition, Poland
Nira Yuval-Davis, a founder member of Women Against Fundamentalism and the International Research Network on Women in Militarized Conflict Zone
Pervez Hoodbhoy, Pakistani Nuclear Physicist and Social Activist
Peter Tatchell, Director of Peter Tatchell Foundation
Pragna Patel, Director of Southall Black Sisters
Ramin Forghani, Founder of Ex-Muslims of Scotland
Rumy Hassan, Senior Lecturer at University of Sussex and author
Sameena Zehra, comedian and blues singer
Sanal Edamaruku, President of Rationalist International
Soad Baba Aissa, Founder of the Association for Mixing, Equality and Secularism
Sue Cox, Founder of Survivors Voice Europe
Sultana Kamal is a lawyer, human rights activist and Executive Director of Ain o Salish Kendra in Bangladesh
Terry Sanderson, President of the National Secular Society
Yasmin Rehman, Women’s Rights Activist
Monica Lanfranco, attivista femminista, giornalista e blogger, direttora di Marea e rappresentante del Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni

Per firmare il Manifesto per la Laicità: 
oppure 

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CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA DESTRA RELIGIOSA,
SULLA LAICITA’ E SUI DIRITTI CIVILI
 
Londra 11-12 ottobre 2014, The Tower Hotel
di Monica Lanfranco (Marea – Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni)
Appunti prima di partire.
Dal 10 al 13 ottobre sarò a Londra, per registrare tutto il possibile in audio, video e scrittura di un evento che si annuncia importantissimo e unico, nel panorama europeo, ma che non mi è nuovo, perché, anche se in misura meno fastosa, sono stata protagonista e organizzatrice in Italia per ben due volte, nel 2006 e poi nel 2011, di eventi su questo argomento.
Parlo della Secular Conference, una due giorni di dibattito organizzata da una rete di associazioni che fanno capo alla visionaria e coraggiosa attivista di origine iraniana Maryam Namazie, una delle voci che per prima allertò Europa e occidente dell’insorgere della dittatura di stampo islamista, che si stava rafforzando in Iran agli inizia del nuovo secolo e che, assieme ad altre attiviste femministe del mondo islamico, ha messo in guardia dal salutare come progressiste le primavere arabe, cogliendone i lati oscuri che poi si sono materializzati con il radicamento dell’islamismo in molti paesi dell’area vicina al Mediterraneo.
All’evento londinese, organizzato in una location davvero impressionante (motivo anche del costo non certo popolare per la partecipazione, circa 180 euro) sono stati invitate oltre cinquanta tra donne e uomini che in questi anni, nel diffuso disinteresse della stampa e dei movimenti per una diversa globalizzazione, hanno alzato la voce e proposto analisi e pratiche contro l’islamismo radicale e per la diffusione del secolarismo nei paesi ora a maggioranza islamica.
Molte e molti tra coloro che parleranno all’assise londinese prendono a spunto, per la critica della politicizzazione dell’islamismo, la visione degli integralisti riguardo alla donna, alla famiglia e alle relazioni tra i generi e la prevalente importanza del diritto del clan e della comunità a scapito di quello individuale, che sta portando, in Inghilterra e in Canada, alla diffusione del doppio binario giurisprudenziale, che affianca alla legge secolare la shaaria, in particolare nelle controversie familiari, su richiesta di gruppi islamici .
Fu Susan Moller Okin, nel saggio Il multiculturalismo fa male alle donne? scritto nel 1997, pubblicato da Marea nel 1998 e diventato poi libro con il titolo di Diritti delle donne e multiculturalismo nel 2007,  a lanciare l’allarme per ciò che oggi è realtà, ricevendo critiche da alcune femministe (steso trattamento riservato anche al mio Senza velo-donne nell’Islam contro l’integralismo) perché ritenuto frutto di un pensiero coloniale.
E’ molto complicato, in Italia e non solo, toccare i punti oscuri della religione delle ‘vittime’, l’Islam: dal momento che il rischio di strumentalizzazione razzista è alto,  si preferisce tacere sulla condizione delle donne nelle enclavi in cui spesso si rinchiudono le comunità migranti, limitandosi ad un generico e neutro appoggio alle lotte contro la clandestinità e per la cittadinanza, senza però evidenziare come in molte di queste comunità le donne siano schiavizzate e tenute in scacco dalle regole patriarcali spesso dominate dal credo islamico integralista.
“La laicità è una richiesta umana, non importa dove si sia nati o si viva”, ha sottlineato Maryam Namazie in un articolo uscito su Marea nel  2001. Ed è una richiesta che non è mai stata così urgente nella storia contemporanea, visto l’emergere dei movimenti religiosi in generale, e dell’Islam politico in particolare. Lontano dall’essere un concetto occidentale, esso ha una speciale urgenza in paesi retti dalla legge islamica, dove norme medioevali vengono avvalorate dallo Stato con indiscriminata brutalità e crudeltà. Le regole religiose impongono la segregazione di uomini e donne e obbligano a portare il velo, pure le bambine. La testimonianza di una donna vale la metà di quella di un uomo. Sotto la Sharia, certi campi di studio o di lavoro sono preclusi alle donne. Le donne, per esempio, non possono essere giudici, in quanto si reputa siano troppo ‘emotive’. Le donne non possono lavorare o anche viaggiare senza il permesso del loro tutore maschio. E le donne continuano ad essere lapidate per avere avuto rapporti extramatrimoniali, o impiccate per ‘reati contro la castità’.
Ciò ha luogo in non pochi paesi, dato che la Sharia è oggi la legge religiosa maggiormente imposta nel mondo. Certamente, questo non ha a nulla a che fare con le richieste e i desideri dei musulmani o di coloro che si percepiscono tali, ma è dovuta allo sviluppo di un movimento politico islamico. Trovo sempre interessante che qualcuno a ‘sinistra’ consideri la laicità, i diritti e la libertà come concetti occidentali, mentre invece il nucleare o la più recente tecnologia per reprimere i movimenti sociali e la classe operaia siano considerati un ‘diritto’ degli Stati islamici. Anche se la laicità fosse occidentale, sarebbe assurdo sostenere che gli altri non la meritino. Di fatti diritti, libertà e laicità sono conquiste ottenute con la lotta dal movimento operaio e dai movimenti sociali progressisti ed appartengono a tutta l’umanità.
Questo tipo di politica della ‘sinistra’ nega l’universalismo, giustifica l’oppressione dei diritti delle donne, delle libertà e della parità, sotto la facciata del rispetto per le altre ‘culture’, implicando necessariamente la presunzione che le persone vogliano vivere secondo il modo in cui sono obbligate con la forza e attribuendo a innumerevoli individui gli elementi più reazionari della cultura e della religione di appartenenza delle classi dominanti.
Questa triste scusa, da parte di certa sinistra, ha delle affinità con l’atteggiamento che questa tiene verso l’Islam, che considera una ‘religione oppressa’, vessata dagli Stati Uniti. Si tratta di un movimento anti-coloniale le cui prospettive coincidono con quelle delle classi dirigenti del cosiddetto Terzo Mondo. È dalla parte delle ex ‘colonie’, a prescindere da cosa accada in esse. Ma la sua comprensione delle ‘colonie’ è eurocentrica, arrogante e pure razzista.
Piuttosto che stare con la sinistra e con i lavoratori/trici in Iran, contro il medievalismo, la misoginia e l’inumanità, questa presunta ‘sinistra’europea sta dalla parte dell’oppressore, perché ritiene il regime islamico come ‘anti-imperialista’. Ma anche il suo antimperialismo è fallace: non gratta sotto la superficie, per vedere come l’islam politico sia parte integrante del militarismo USA e del nuovo ordine mondiale. A causa dell’amnesia storica degli ultimi 30-40 anni, si ignora che il movimento politico islamico è stato incoraggiato e portato alla ribalta dai governi occidentali per fare daarginecontro l’Unione Sovietica durante la parte finale della guerra fredda. Si dimentica convenientemente come in Iran esso sia stato sostento nello sforzo di distruggere la sinistra ed il movimento operaio rivoluzionario. Non dovrebbe poi sorprendere che dovunque il militarismo USA sia ‘intervenuto’ – dall’Afghanistan all’Iraq, alla Palestina – l’Islam politico è stato portato al potere o si è rafforzato.
Mentre la laicità è un’emergenza nei paesi che vivono sotto la legge islamica e anche nell’occidente è un problema. La religione – tutte le religioni – è potenzialmente discriminatoria, misogina e omofobica. L’Islam lo sembra di più, oggi, perché detiene potere politico. Nel Regno Unito, dove il cristianesimo sembra più ‘adeguato’, perché è stato messo nell’angolo dall’illuminismo, la Chiesa Anglicana continua ad avere sussidi statali ed ha uno stretto rapporto con la monarchia e lo Stato. Ci sono vescovi che appartengono alla Camera dei Lord ed ai gruppi religiosi è permesso esercitare discriminazioni contro omosessuali o altri soggetti, motivate dalle loro credenze. Vista la realtà, come si può dire che la laicità sia irrilevante al giorno d’oggi e nella nostra epoca?”
Di questo si parlerà a Londra, di questo proverò a riportare voci, volti e storie.

Reportage dalla Conferenza
Sarà che funziona il fattore ‘estero’, e forse anche un po’ la vacanza (dopo il disastro dell’alluvione di Genova che ha sabotato la nostra piccola delegazione, la fortuna ha voluto che si liberasse un posto nello splendido hotel dove si svolge la Conferenza), ma questo appuntamento politico, quasi ignorato dalla stampa e dall’attivismo italiano, è fantastico.
In ogni intervento (oltre 30 persone nei vari panel tematici per due giorni, che esaminano i vari intrecci con la laicità, dal corpo alle istituzioni, passando per l’educazione e le resistenze culturali e ideologiche) ci sono spunti di straordinario interesse e anche se mi rendo conto che sto usando aggettivi iperbolici vorrei che mi credeste: è così, è un appuntamento d’eccezione.
Come per molti eventi esteri (in particolare nella cultura anglosassone), le cose filano lisce nei tempi: non ci sono quarti d’ora accademici, le pause di dieci minuti sono di dieci minuti, così come gli interventi non debordano. Ma questa, si potrebbe dire, è solo forma e, anche se non è male, è il contenuto che conta.
E allora vediamo, in ordine sparso e per cenni (in attesa di poter rendere disponibili le interviste audio e video), cosa si è squadernato in questa prima giornata.
I venti minuti del filosofo, scrittore e columnist del Guardian AC Graylins sono un distillato di humor british sull’ossimorica tendenza di ogni religione a dirsi democratica, aperta e foriera di libertà. Ce n’é per tutti: ebrei, cattolici e islamici. Graylings ironizza, tra le risate crescenti e con un eloquio incalzante, sulla ‘promessa’ che ogni fede baratta a danno del presente: la vita sulla terra è solo un soffio che si interpone tra te e il paradiso e quindi a poco vale la fragile ricerca laica del benessere e della giustizia qui e ora. Poi il monito serio: il pericolo dell’educazione religiosa non sta nel voler educare, conclude Graylins, ma nel pretendere di educare a cosa pensare: l’educazione dovrebbe insegnare a pensare, punto. A quando, al posto dell’educazione religiosa, l’insegnamento della storia delle idee?
Marieme  Helie Lucas , attivista e studiosa di origine algerina, tra le organizzatrici dell’evento, più volte invitata e pubblicata da Marea in Italia, ribadisce con forza l’uso dannoso del concetto delle ‘differenze’ culturali per giustificare la negazione dell’universalismo dei diritti e il permesso di usare le leggi religiose, su richiesta delle parti fondamentaliste dell’Islam in Europa. “Siamo vittime dell’essenzialismo e del relativismo, quando reclamiamo diritti diversi su base religiosa, anche quando vogliamo difendere ‘i diversi’ nel nome delle culture identitarie. Accade sempre più spesso che i governi occidentali si mettano in relazione con  rappresentanti religiosi che non sono mai stati eletti e che parlano a nome di una parte precisa delle comunità (non certo a nome le donne) e portano avanti i diritti di una minoranza esclusiva. Spesso siamo forzati dentro categorie cristallizzate, a seconda della provenienza geografica e religiosa (che si presume che seguiamo): su questo si basa la visione multiculturale - afferma - : è una visione che garantisce l’esistenza di enclaves chiuse, nelle quali governano quasi sempre principi non democratici e comunque che pretendono di poter fare a meno dell’universalismo dei diritti”.
Taj Hargey, che dirige una moschea e un centro di studi, più volte attaccato dagli islamisti per la sua apertura all’occidente, va di corsa nel suo discorso perché è tardi e snocciola i vari motivi per i quali non ha senso invocare la fede nell’Islam per imporre alle donne velo, burka e altre forme di segregazione e negazioni di diritti.
Il suo non è il solito appello alla ‘buona’ fede, veicolo di pace e foriera di amore: in una democrazia, scandisce,  non è ammissibile che esistano comunità o luoghi che attribuiscono doveri diversi per cittadinanza, sesso o orientamento su base identitaria e religiosa.  Come permettere che un’idea che mortifica le donne e i loro corpi abbia spazio e che si autorizzino, in nome della ‘tolleranza’, umiliazioni come il burka o il niquab? Il suo forte intervento termina con l’auspicio che tali pratiche si bandiscano in Europa, così come si aiutino i movimenti secolari nei paesi musulmani.
Parvez Hoodbhoy , scienziato pakistano con alle spalle una lunga storia di ribellione contro l’integralismo, analizza l’ascesa del concetto di stato islamico, domandandosi se chi lo invoca abbia davvero idea di cosa sia e se questo concetto esista dentro ai testi considerati sacri e fonte di diritto dagli islamisti. “Credo che nessuno tra i fanatici sostenitori dello stato islamico sappia davvero quello di cui parla, perché non esiste evidenza storica dell’esistenza di uno stato di questa natura”, esordisce. “Nemmeno una parola, in arabo, indica il concetto di stato, solo quello  di comunità. E siccome queste persone invocano il Corano per motivare il progetto di stato islamico, evidentemente mentono”.
Il suo può sembrare un discorso di carattere teologico estremamente tecnico: in realtà è  importante perché significa stare sul terreno che queste forze tentano di accreditare, ovvero quello del consenso sulla base della ‘rivelazione’.
“Nei testi coranici non ci sono cenni a stato, esercito, tasse o altro che identifichi l’indicazione della possibilità di fare uno stato”. Dopo il suo intervento risulta più chiaro (anche se non sempre è ben visto dai movimenti atei e agnostici), come sia importante l’esegesi dei testi per creare una cultura laica e antifondamentalista nelle comunità musulmane.
Di grande impatto emotivo la scelta formale di Karima Bennoune, docente arabo-americana di legislazione internazionale, di parlare delle vittime del fondamentalismo.
Sullo schermo dietro di lei scorrono le immagini e i volti di uomini e donne di varie provenienze geografiche, attiviste e attivisti per la laicità, che hanno trovato la morte negli ultimi anni per mano degli islamisti. Non c’è nulla di enfatico o di eroico nel suo breve racconto delle biografie: Karima chiede che si ricordino queste persone perchè fare memoria è un gesto politico prioritario per avere futuro e per ricordare che la libertà di vivere senza il giogo dell’ideologia religiosa non esiste ancora in molti luoghi del pianeta. “Non si tratta di fede, scandisce, ma di fanatismo, di politica e di regime”.
Nella sessione dedicata al multiculturalismo, sono durissime le parole nei confronti di quella parte della sinistra che, oggi, rischia di diventare la nuova destra, quando nega l’universalismo dei diritti. Un discorso piuttosto impensabile in Italia.
Hamid Taqvaee , attivista e docente iraniano comunista, ribadisce che il pericolo reale con il quale abbiamo a che fare non è tanto, e solo, il fanatismo ‘esotico’ che prospera nei paesi dell’Asia e dell’Africa, quanto quello che si radica dentro i paesi dell’occidente.
La seduzione del califfato presso i giovani occidentali si basa sulla contraddizione che, da una parte, vede l’attrazione dei giovani verso l’economia di mercato, ma, dall’altra, dall’orizzonte ideologico del fanatismo religioso, che promette valori antagonisti a quelli del materialismo.
Caroline Fourest , giornalista e scrittrice francese, sceglie un titolo interessante per il suo intervento: secolarismo contro fanatismo. Anche nel suo paese esistono frange di sinistra che abbracciano il relativismo culturale per giustificare i crimini islamici come una difesa dal capitalismo. Il suo discorso chiama in causa anche la stampa, che spesso getta olio sul fuoco, dando voce ai fondamentalisti quando scoppiano i casi di ‘blasfemia’. “Spesso, sostiene, si confonde la critica con l’islamofobia e si assimilano il femminismo e la lotta all’omofobia come contrari alla fede. La parola secolarismo è importante, in Francia (in Italia si chiama laicità)  e significa vivere in paesi dove la religione non detta le leggi civili e non entra nelle relazioni tra persone e nello spazio pubblico deliberativo. Oggi, tra tutte le religioni rivelate, quella più pericolosa è l’islam, perché nei paesi dove è religione dominante non c’è mai stata una separazione tra stato e religione e quindi la legge è quella divina, mentre questa differenza è stata superata nei paesi in origine cattolici”. Definisce ‘circo maledetto’ quello nel quale spesso l’occidente si trova a scegliere tra il ‘minore dei mali’ nei  vari gruppi estremisti, per ‘liberare’ i paesi oppressi dalle dittature, un altro problema politico ben presente anche in Europa.
Altro tema fondamentale che nomina è la questione dei moderati: si tratta di un falso problema. Di fronte alla laicità non si può essere moderati o non moderati: o si è laici, o non lo si è, perché essere per il secolarismo significa essere per una legge umana uguale per ogni essere umano. “Promuoviamo una società moderna nella quale c’è un posto per ogni persona e dove c’è posto anche per chi crede. Ricordiamoci che nelle società dominate dal fanatismo non c’è posto per chi non crede”- afferma.
Sue Cox, attivista femminista inglese che si occupa di violenza domestica, apre una finestra sugli abusi dei sacerdoti cattolici. La sua presentazione è vivace e costellata di immagini e vignette (alcune anche satiriche), che illustrano la condizione arretrata, dal punto di vista culturale, dell’iconografia legata alla religione cattolica. “Quando vedete l’immagine sorridente del papa fate attenzione: non credete a quello che vedete, perché quello che vedete non è ciò che avrete”. La sua è l’esperienza forte di chi è sopravvissuto agli abusi, eppure è capace di fare ironia e sorridere quando parla della realtà oscurantista della chiesa cattolica in molti paesi del mondo, così come inquietante è l’appello della parlamentare turca Safak Pavey , che  testimonia come nel suo paese si stia riproponendo con forza, negli ultimi anni, il revival del tradizionalismo religioso.
Sultana Kamal, avvocata del Bangladesh, racconta il difficile percorso del suo paese nel costruire la democrazia laica, fronteggiando il regime del vicino Pakistan, dominato dall’islamismo. “Non vogliamo essere identificati con la religione o l’ideologia - dice- Riconosciamo il secolarismo come una delle basi della costruzione della nostra cultura. Ma sappiamo bene che il patriarcato e il fondamentalismo lavorano insieme contro i diritti universali, in particolare contro le donne”.
Nadia El Fani, regista tunisina di Laicitè Inshallah, critica il presidente Francoise Holland che, come primo atto della visita nel suo paese (la Tunisia ha di recente cambiato la Costituzione introducendo l’invocazione del nome di Dio) ebbe a dire che ‘l’islam è compatibile con la democrazia’, accreditando così una visione di tutti i tunisini come fedeli e incapaci di scegliere la laicità come orizzonte necessario.
“Non serve affermare che l’islam è una fede democratica: sfortunatamente chi è laico e vive nei regimi islamici, è sempre in svantaggio, perché rispetto ai credenti non ha credito presso chi propugna un mondo governato dalla fede in dio” - dice-. Negli spezzoni del suo film mostra le dispute nelle quali i fondamentalisti smettono di discutere e inneggiano ad allah e gli studenti islamici  interrompono convegni, commedie  e momenti artistici.
“I nostri sono islamisti intelligenti: hanno denaro, usano i social media e quindi raggiungono i giovani, per questo sono pericolosi e pervasivi. I fondamentalisti non vogliono la democrazia: io sono democratica, per me loro possono esistere, ma dobbiamo sapere che queste persone usano la democrazia per costruire la teocrazia. Dite ai giovani che possono credere nel paradiso, ma che è una menzogna se sulla terra c’è un mondo ineguale e ingiusto, come quello che chi crede nel paradiso realizza brandendo dio”.
Così termina la prima giornata di lavori (sabato).
Nella seconda giornata (domenica), molto interessante è la suggestione linguistica di Fariborz Pooya, della Secular Iranian Society: il suo discorso riguarda il fatto che la religione è un fattore chiave nella costruzione dello stato e che essa spesso venga identificata (come ‘madre natura’) come la ‘madre religione’.
Fatou  Sow (wluml) parla di ‘fattore bipolare’ dell’appartenenza  religiosa e della difficoltà di svincolarsi dagli stereotipi; per esempio, secondo lo stereotipo, sei femminista e quindi sei occidentale e bianca. Invece lei è africana (del Senegal), nera e però femminista. Il fatto è che molti usano l’islam come strumento di resistenza contro l’integrazione, per la conservazione della cultura di provenienza e quindi contro le idee diverse, anche nelle relazioni personali. In molti paesi la religione non è all’interno delle Costituzioni, ma pesa nelle questioni che riguardano la famiglia e spesso la religione diventa politica: per esempio la richiesta della shaaria come base legale in alcuni stati: ora in Nigeria, ma  prima anche in Europa -in Inghilterra- e in Canada.
Homa Arjomad, iraniano-canadese, attivista per la campagna di educazione laica per l’infanzia, quasi declama il suo discorso, cosciente che se non si comincia dalla prima età, non ci sarà rifugio dall’integralismo e non ci potrà essere una crescita armoniosa e libera nel corpo e nella mente. “Sono stata testimone degli abusi su bambine e bambini nel nome della religione, non ne avete idea, - racconta -. Isolamento, discriminazione, matrimoni forzati: questo accade nelle scuole islamiche, in Canada (non in Iran), e non è diverso spesso da ciò che avviene nelle scuole cattoliche. I piccoli e le piccole non hanno religione, è chi li educa che li spinge a imparare i dettami religiosi che nel futuro potranno farli diventare fanatici. Il multiculturalismo e il relativismo lavorano perché le scuole religiose prosperino, così da creare enclaves che tengano le popolazioni separate e sotto regole discriminatorie che escludono la diversità culturale e la democrazia. Le religioni hanno una cosa in comune: il controllo”.
Ed eccoci a Nina Sankari, dalla Polonia, dell’Atheist coalition. Racconta che “l’affrancamento dal totalitarismo comunista in Polonia non ha generato la democrazia  che volevamo, perché la cosiddetta trasformazione democratica non si è accompagnata con la secolarizzazione della società, ma ha determinato la trasformazione dello stato ateo-non democratico in uno stato non democratico-confessionale.  Un articolo della nuova Costituzione protegge la religione e riesuma il reato di blasfemia e in questo modo i fondamentalisti possono denunciare gli artisti e chi tratta la religione per criticarla e fare polemica contro di essa, così come sono combattute in modo oscurantista le performance contro la religione o a sfondo religioso”.
Elham Manea, di One alla for all, apre il discorso con l’affermazione che essere secolarista non significa essere atea e questa è una affermazione importante perché evidenzia come il discorso sulla laicità sia usato politicamente dai fondamentalisti per affermare che la laicità è violenta ed escludente nei confronti della fede. I suoi studi sul come anche la visione multiculturalista sia pericolosa nei confronti della laicità hanno messo in rilievo come le attuali richieste delle comunità musulmane in Europa per l’applicazione della sharia vadano nella direzione di identificare le minoranze come esclusive e necessitanti di leggi ad hoc, in questo modo tutelando diritti identitari e collettivi su base tradizionale ai danni della libertà e dei diritti individuali. Una legge per tutti non è solo uno slogan, è una difesa specialmente per le donne e per l’applicazione dell’universalismo dei diritti individuali.
Kenan Malik, scrittore di origine indiana, sostiene che si deve distinguere di cosa abbiamo bisogno. Il multiculturalismo vede i bisogni delle persone come delle scatole nelle quali ogni comunità deve stare rinchiusa e immagina che la diversità debba essere trattata a seconda delle provenienze, nel nome della tolleranza. Ma spesso difendere la diversità, quale che sia, significa difendere soprusi contro terze persone e in questo modo il multiculturalismo diventa un processo politico. La diversità è importante, ma essa non può essere difesa in assoluto. Spesso chi critica il fondamentalismo viene attaccato come non accogliente e persino razzista e viene affermato che soltanto chi fa parte delle comunità può eventualmente (secondo il politically correct della sinistra e dei ‘liberal’conformisti) criticare, ma nessuno al di fuori ha diritto di parola. “C’è molta nostalgia dentro la cultura musulmana- sostiene -: se si chiede ad alcuni musulmani se vogliono il Califfato, vi sono molte possibilità che la risposta maggioritaria sia affermativa. E’ un ritorno alle crociate ed è un’affermazione che rivela come ci sia il desiderio di una verginità identitaria, che raccolga in uno stesso luogo la cultura originaria”. Kenan racconta di come in un gruppo di persone giovani di fede musulmana fosse stato chiesto se preferivano lo stato islamico o la democrazia occidentale e la risposta era stata a favore quasi unanime dello stato islamico. Un’altra domanda verteva su dove avrebbero voluto essere giudicati per un reato e, tranne una mano alzata a favore degli Emirati, tutti gli altri avevano risposto ‘in Gran Bretagna’. Questo evidenzia come ci sia una grande confusione tra politica, senso della collettività e diritti individuali. “Lo stato islamico sarebbe un inferno non solo per le minoranze, ma anche per ogni musulmano” - conclude. Uno stato islamico sarebbe la fine della democrazia come noi la conosciamo, anche negli stati attualmente dove la religione dominante è l’islam: si tratta di uno stato dove chi ha denaro paga, la giustizia è su base economica e la pena si ‘compra’. Le donne, uccise mutilate o rilasciate dopo il matrimonio, ovviamente costano meno”. Blood money, denaro insanguinato, definisce quello che viene in soccorso dei gruppi islamisti. Sarebbe la fine del progresso sociale, lontano nel tempo fino al secolo quindicesimo, come ora accade in Pakistan. Lì si può sposare una bambina di 5 anni, si può ripudiare la moglie quando si vuole e il consiglio islamico ha persino cancellato l’evidenza nei processi contro lo stupro (quindi non ci sono possibilità di provare il reato, perchè questo non esiste).
Per staccare dall’intensità degli interventi la brillante attrice e attivista Kate Smurthwaite descrive in modo comico le minacce che riceve per la sua attività femminista a favore dei diritti riproduttivi: ”C’è chi dice che non gli interessa cosa faccio, ma provvederà a staccarmi la carne dalle ossa. Beh, mi sa che invece gli interessa, credo.” Alla fine del suo momento teatrale e di alleggerimento, in barba ai fondamentalismi sessuofobi, eleva il piccolo pamphlet ‘enjoy your genitals’.
Si arriva alla sera, con la cena servita in modo impeccabile e con l’intervista di Gita Sahgal alla scrittice Taslima Nasreen e il concerto per pianoforte.
Quello che colpisce è l’attenzione creativa delle organizzatrici nell’aver pensato un evento multimediale, multisensoriale, nel quale corpo e mente si nutrono in modo puntale e dove il concetto chiave è lo stare il più possibile insieme, nel modo più accogliente possibile.
Circolano teoria, politica, attivismo, teatro, ironia, buon cibo, ospitalità, una lotteria di autofinanziamento con libri sull’argomento (non siamo in una sala con palco e platea, ma ci sono 60 tavoli rotondi e in ciascuno si sta in 8 persone, con pause per bere e mangiare).
Last but not least: io sono qui non perché qualche giornale italiano (ne ho contattati un bel po’) si sia detto interessato a pubblicare un reportage sull’evento (e quindi a pagare almeno il ticket di ingresso alla due giorni, circa 180 euro): questa spesa se l’è accollata la Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni e il documento finale, il Manifesto for Secularism (Manifesto per la Laicità) è stato da me firmato a nome del Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni. Anche questo fa pensare.